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Retata di venditori ambulanti nel centro di Palermo
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Un’operazione in grande stile è stata condotta la sera del 5 febbraio in Piazza Verdi, nel cuore del centro storico di Palermo. Cinque blindati dei carabinieri insieme ad alcune camionette della polizia municipale, hanno fatto un blitz a sorpresa non contro un pericoloso latitante, ma ai danni dei venditori ambulanti bengalesi che da anni, senza dare fastidio ad alcuno, lavorano sul marciapiede di fronte al teatro Massimo, ravvivando la passeggiata delle centinaia di persone che ogni giorno acquistano la loro merce colorata.
Siamo venuti a conoscenza di questa situazione quando, alle 23:00, un amico di Lega Ambiente, nonché studente di Al Janub, ci ha telefonato sgomento dopo aver assistito alle fasi finali della retata. Stando al suo racconto, nell’azione repressiva non sono stati coinvolti solamente i venditori, ma persino un ragazzo bengalese che passava da lì per caso e che, una volta girato l’angolo, è stato inseguito e raggiunto da due carabinieri e quindi portato via. Nel frattempo veniva sequestrata la merce e venivano fermati almeno dieci migranti, portati probabilmente in questura, di cui null’altro ci è dato sapere. È bene ricordare che se avessero esercitato la loro attività senza una regolare licenza, si tratta pur sempre di un reato amministrativo, nei confronti del quale le misure prese appaiono assolutamente sproporzionate.
Sembra lecito chiedersi se, in una città come Palermo, non ci siano ben più gravi problemi rispetto ai quali concentrare risorse ed energie, invece che continuare ad accanirsi su persone dai diritti già fragili, già vessate da una normativa sull’immigrazione e sull’asilo che rende le loro vite insostenibili.
Operazioni come questa, certamente, si inseriscono all’interno di uno scenario politico nazionale in cui, in nome di una sicurezza strumentalmente invocata, si sta legittimando un razzismo istituzionale che calpesta sempre più sfacciatamente ogni solidarietà possibile oltre che i più elementari diritti umani. La situazione della città di Palermo, però, appare ancora una volta particolare.
Dopo lo sgombero di famiglie con bambini nel quartiere Zen, dopo la violenza contro il Laboratorio Zeta, bene veramente comune in cui da anni abitavano decine di rifugiati sudanesi dal 19 gennaio scorso buttati per strada, questo è il terzo terribile episodio di cui sono state protagoniste le forze dell’ordine di questa città nelle ultime settimane. In nome di una legalità formale che in questa terra da sempre ha coperto anche le peggiori nefandezze, le problematiche sociali vengono sempre più affrontate solo con strumenti repressivi e spettacolari, mentre la quotidianità degli abitanti di Palermo prosegue a stento tra l’immondizia e la disoccupazione, il completo abbandono delle istituzioni e lo sfondo sempre presente di una radicata cultura mafiosa, e spesso della mafia vera e propria.
Da uno spazio di solidarietà e condivisione come è il Laboratorio Zeta, che è tornato a casa dopo lo sgombero con il sostegno di gran parte di questa città , denunciamo quanto avvenuto contro questi lavoratori migranti e, più in generale il clima irrespirabile in questo momento così buio della nostra città .
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