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59 anni di conflitti, 59 anni di Resistenza

Conflitto
israelo-palestinese





59
anni di conflitti, 59 anni di Resistenza


Dopo
59 anni di conflitti tra Israele e Palestina diventa difficile e
scoraggiante stabilire delle date-traguardo per una possibile
integrazione e convivenza pacifica in terra di Palestina. La terra
che Dio ha dato agli ebrei diventa terra di sangue ed usurpazione per
il popolo palestinese, un paradosso non da poco. Dopo 59 anni di
tentativi da parte degli ebrei di sradicare il popolo della Palestina
dalla loro terra applicando strategie di terrore e d’isolamento,
il popolo palestinese resiste con caparbietà e disperazione,
perché caparbio permane il sogno di vivere un silenzio che non
sia più infranto dalla paura, dal frastuono di bombe e
mitraglia, perché chiaro è l’obiettivo di
ri-avere, per molti solo avere, la propria terra, la propria casa, la
propria vita.


Per
chi non ha un Dio a cui affidare la propria anima non è facile
capire come il paradiso possa ricompensare una vita consumata a
combattere, a resistere ai soprusi, ai tentativi di cancellazione, di
negazione della vita umana, non è facile capire perché
un Dio, e quale Dio, debba permettersi questo. Ma la forza, il
coraggio, la voglia di esistere, quotidiani nei gesti disperati di
resistenza, degni del più profondo rispetto, ci dicono tutto
quello che c’è da sapere sulla forza dell’uomo,
una forza che diventa sovrumana quando ci si trova a difendere il
diritto all’esistenza. Quel che ci insegnano oggi i palestinesi
è quel che ci hanno insegnato tutti i popoli, anche quello
ebraico a suo tempo: ghettizzare, trattare uomini come entità
sub-umane o pericolose, non ha mai prodotto risultati nella storia
che siano soluzioni possibili. Se gli oppressori continuano la loro
usurpazione, mai e poi mai gli oppressi cederanno.








La
storia


1948
nasce lo stato ebraico. Le nazioni Unite decidono un piano di
spartizione del territorio. Alla Palestina spettano la Cisgiordania,
Gerusalemme est, entrambe amministrate dalla Giordania e la Striscia
di Gaza, amministrata dall’Egitto. Una coalizione di stati
arabi, tra i quali Iraq, Giordania, Siria ed Egitto rigettano il
piani e attacca Israele che riesce a ricacciare indietro le truppe
avversarie. L’esercito sionista caccia 750.000 
palestinesi dalla Palestina. La guerra si conclude con il controllo
dai parte dei sionisti dell’80% della Palestina. Israele
annette alle sue terre la Galilea, la regione di Auja ed il corridoio
di Gerusalemme, che erano territori palestinesi secondo la
Risoluzione 181 sulla Partizione del 1947.


1949
circa 400 villaggi arabi vengono completamente distrutti, il
risultato di una strategia politica deliberata il cui scopo è
quello di rendere possibile la formazione di uno Stato a maggioranza
ebraica.


1956
Israele collabora con le potenze imperialiste europee della Gran
Bretagna e della Francia per invadere l’Egitto ed il territorio
palestinese della Striscia di Gaza. Solo la ferma posizione del
Presidente Eisenhower costringe i sionisti israeliani a ritirarsi
dalla Striscia di Gaza e dal Sinai


1964
nasce l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina
(OLP) il cui scopo è quello di fornire una rappresentanza ai
palestinesi rendendoli indipendenti dai paesi arabi. Yasser Arafat
guiderà l’OLP fino alla morte


1967
è la guerra dei Sei Giorni. Israele invade ed occupa i
territori arabi del Sinai, della Striscia di Gaza, della Cisgiordania
e Gerusalemme est.


1973
è la guerra dello Yom Kippur, Egitto e Siria attaccano
Israele. Israele occupa il Sinai in Egitto e le alture del Golan in
Siria.


1978
Israele invade ed occupò il Libano meridionale


1979
l’Egitto firma un accordo di pace con Israele. Le guerre
tra Israele e gli stati arabi sembrano cessare, l’Olp sarà
l’unico organo che continuerà ad opporsi alle truppe
israeliane.


1982
Israele invade e occupa la parte meridionale del Libano, inclusa la
capitale Beirut, per distruggere le basi palestinesi.


1987
al 1992
i palestinesi cominciano una forma di resistenza
popolare, chiamata Intifada.


1993
vengono firmati gli Accordi di Oslo e sembra che il conflitto stia
per finire, ma i nodi principali restano irrisolti e rimandati a un
secondo turno di negoziati: la nascita di uno stato palestinese
indipendente, il ritorno dei profughi palestinesi, il controllo delle
scarse risorse idriche e lo status di Gerusalemme.


1994
la Giordania firma un accordo di pace con Israele. Nelle zone che
dovrebbero diventare il futuro stato palestinese comincia una forma
di autogoverno guidata dall’Autorità Nazionale
Palestinese, presidente della quale viene eletto nel 1996 Yasser
Arafat. Dopo l’entusiasmo degli Accordi, la diplomazia
internazionale arresta la sua pressione e israeliani e palestinesi
non riescono a trovare un accordo.


2000
Israele si è ritira dal Libano. La tensione ricomincia a
salire e, nel settembre 2000, comincia la seconda Intifada scatenata
da una provocatoria passeggiata dell’allora candidato premier
israeliano Ariel Sharon sulla Spianata delle Moschee.


Le
principali formazioni militari che combattono Israele sono: la
Brigate Izz ad-Dīn al-Qassām (braccio armato di Hamas,
vicina ai Fratelli Musulmani), la Jihad Islamica, il Fronte Popolare
per la Liberazione della Palestina, le Brigate dei Martiri di al-Aqsa
(braccio armato del partito Fatah). Il conflitto ha cominciato a
calare d’intensità quando muore Arafat


2004
11 novembre muore Arafat. Il governo israeliano, guidato da Ariel
Sharon, e le cancellerie delle grandi potenze mondiali, si dichiarano
di nuovo pronte al confronto con i palestinesi, dopo che Arafat era
stato considerato negli ultimi anni un interlocutore poco credibile.


2005
gennaio si tengono le elezioni presidenziali in Palestina e
successore di Arafat viene nominato Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Il
dialogo riprende, ma il governo Sharon decide unilateralmente di
sgomberare la Striscia di Gaza, occupata nel 1967, ad agosto 2005.
L’esercito di Tel Aviv sgombera con la forza i coloni
israeliani e lascia l’amministrazione del territorio ai
palestinesi. Lo sgombero di 8.000 coloni facilita le missioni
punitive di Israele sulla striscia di Gaza.


2006
25 gennaio, le elezioni politiche in Palestina sanciscono la
vittoria del partito armato degli islamisti di Hamas.





Piovono
bombe: l’immaginario si concretizza in terrore.


Prima
pioggia
settembre 2005
aerei
supersonici venivano fatti volare su Gaza per terrorizzare un'intera
popolazione, seguiti da intensi bombardamenti di vaste aree dal mare,
dal cielo e da terra. La logica, spiegata dall'esercito israeliano,
era quella di esercitare pressione in modo tale da indebolire le
comunità di Gaza dissuadendole dal sostenere i lanciatori di
razzi. Come c'era da aspettarsi, anche da parte israeliana,
l'operazione servì solo a incrementare il sostegno per i
lanciatori di razzi e dare nuovo impulso al loro successivo
tentativo” (Palestina 2007: Genocidio a Gaza, Pulizia Etnica
in Cisgiordania
, Ilan Pappe, Eletronic Intifada gennaio 2007)


Pioggia
d’Estate
giugno 2006
un
invasione da terra che ha diviso in porzioni la Striscia di Gaza.
Questo ha permesso all'esercito di uccidere i civili in modo ancora
più efficace e di presentarlo come l'esito di un pesante
bombardamento in aree densamente popolate, una risultante inevitabile
dipendente dalle circostanze e non dalle politiche israeliane”
(Palestina 2007: Genocidio a Gaza, Pulizia Etnica in Cisgiordania,
Ilan Pappe, Eletronic Intifada gennaio 2007)


Nuvole
d’Autunno
novembre 2006
Con
la fine dell'Estate. Nuvole d'Autunno. Questa operazione è
stata ancora più efficiente: il 1 Novembre del 2006, in meno
di 48 ore, gli israeliani hanno ucciso 70 civili; alla fine del mese,
con altre mini operazioni di accompagnamento, circa 200 civili erano
stati uccisi, metà dei quali bambini e donne. Come si può
vedere dalle date, alcune attività sono parallele all'attacco
israeliano in Libano, che ha reso più facile completare le
operazioni senza troppa attenzione esterna, salvo qualche critica.”
(Palestina 2007: Genocidio a Gaza, Pulizia Etnica in Cisgiordania,
Ilan Pappe, Eletronic Intifada gennaio 2007)





Vittime
Le
guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti, dal 1948 al 1973, 
hanno causato la morte di circa
100mila
persone
.
La prima Intifada, dal 1987 al 1992, ha causato la morte di
2mila
persone
,
in massima parte palestinesi. Dall'inizio della seconda Intifada
(settembre 2000) al 18 gennaio 2007, la Seconda Intifada è
costata la vita a 4503 palestinesi e 1045 israeliani. 


Il
28 Dicembre 2006, l'organizzazione israeliana per i diritti
umani B'Tselem ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle atrocità
israeliane nei territori occupati. Le forze armate israeliane hanno
ucciso nell'ultimo anno, 660 cittadini. Il numero dei palestinesi
uccisi da Israele lo scorso anno è stato triplo rispetto
all'anno precedente (che era di circa 200). Secondo B'Tselem, gli
israeliani hanno ucciso 141 bambini lo scorso anno. La maggior parte
degli uccisi sono della Striscia di Gaza dove l'esercito israeliano
ha demolito quasi 300 case e trucidato intere famiglie. Questo
significa che dal 2000, le forze israeliane hanno ucciso quasi 4000
palestinesi, metà dei quali erano bambini (ndt, minori); oltre
22.000 sono stati feriti.





Se
non sei un ebreo


Lo
Stato israeliano è uno stato confessionale: non basta avere la
nazionalità israeliana per godere dei diritti, è
necessario essere ebrei, ed è necessario essere ebrei se si
vuol praticare il giudaismo. Per un non ebreo è molto
difficile diventare seguace di questa religione, ma se ci si riesce
si acquisisce il diritto di cittadinanza nello stato d’Israele,
anche se la conversione avviene in Francia, in Lettonia, in Giappone,
non importa, diventi ebreo e Israele è la tua casa. Se sei
palestinese d’Israele non importa per quante generazioni la tua
famiglia ha calpestato questo suolo, Israele non è la tua casa
e non puoi godere degli stessi diritti degli ebrei. Solo per fare
qualche accenno alla legislazione adottata, la Corte Suprema
israeliana stabilisce che chiunque si opponga al concetto che Israele
debba essere uno Stato ebraico o al principio che in Israele debba
esserci una maggioranza di cittadini ebrei non può partecipare
alle elezioni parlamentari. (1989, decisione della Corte Suprema
israeliana, riportata nella Israel Law Review, 1991, Vol. 25, p. 19,
pubblicata dalla Facoltà di Legge presso l’Università
Ebraica di Gerusalemme).


Altro
esempio: gli arabi cittadini d’Israele o i palestinesi dei
territori occupati non hanno uguali diritti degli ebrei. Questo si
concretizza in mille modi, come i permessi speciali che i palestinesi
dei territori occupati devono avere se vogliono entrare in Israele,
l’impossibilità di lavorare sul territorio di Israele
(questo avviene già da ben 15 anni), e ancora, se lasciano il
loro territorio per recarsi all’estero al loro ritorno non
troveranno più le loro case, le loro proprietà possono
essere confiscate dallo Stato ebraico in qualsiasi momento. Israele
dal 1948 non riconosce alcun diritto di proprietà ai cittadini
non ebrei (Legge sulla Priorità degli Assenti 1950) e nei casi
in cui i palestinesi vogliano “riacquistare” la terra che
è stata loro espropriata non lo possono fare: lo stato di
Israele conserva le terre per gli ebrei.


Ai
non ebrei è impedito vivere in alcune zone d’Israele,
quartieri per soli ebrei (ghetti?), ma è loro consentito
vivere in villaggi e città per soli arabi…(ghetti!).
Questo viene regolamentato dal Decreto Edilizio ed Edificatorio,
approvato nel 1965, che stabilisce le zone in cui i cittadini
israeliani, ebrei da una parte e palestinesi dall’altra,
possono vivere. Ogni zona è contrassegnata da una linea blu,
che stabilisce lo spazio di massima espansione della comunità,
la costruzione edilizia oltre la linea è proibita. Le linee
blu che riguardano le comunità palestinesi non lasciano spazio
all’espansione perché sono state tracciate
circoscrivendo le già esistenti costruzioni del 1965. Non
occorre dire che questo non è avvenuto per le zone assegnate
agli ebrei. Brutale la linea blu, ma in questo caso ci tocca dire
ancora più brutale la non linea blu. Israele si è
sempre rifiutato di tracciare le linee blu intorno a decine di
comunità palestinesi. Le comunità palestinesi che
esistono da prima della creazione dello Stato di Israele intorno alle
quali non si è tracciata alcuna linea blu di fatto per
Israele non sono riconosciute legalmente, le costruzioni di questi
villaggi sono considerati illegali e quindi soggetti a demolizioni. I
palestinesi che vivono nei villaggi “annullati” sono
100.000. Dal 1965 nessun nuovo villaggio palestinese è sorto
in terra di Israele, di contro, un numero impressionante sono stati
distrutti.





Un
muro per riscrivere i confini


La costruzione di un muro ad opera di Israele sta blindando il popolo
della Palestina: il motivo ufficiale è il tentativo di
proteggersi dagli attacchi della resistenza. Israele si difende dalla
paura applicando la strategia del terrore, ghettizzando,
imprigionando un popolo con cemento e filo spinato. La costruzione
del muro, di fatto, riscrive i confini geopolitici e favorisce
l’esodo dei palestinesi impossibilitati a vivere della propria
terra, ad accedere alle fonti d’acqua, ai servizi, alle scuole.
Il muro traccia un’enorme gigantesca prigione, con permessi per
entrare, per uscire, per studiare, lavorare, per vivere.


La
costruzione del Muro che Israele, la potenza occupante, sta
costruendo nei territori palestinesi occupati, sia dentro che intorno
a Gerusalemme, e il regime che vi è associato, sono contrari
alla legge internazionale”. “Israele è obbligato a
terminare le sue violazioni della legge internazionale; si trova
obbligato a cessare immediatamente i lavori di costruzione del muro
eretto nei territori palestinesi occupati, inclusi quelli dentro e
intorno a Gerusalemme, a smantellare immediatamente le strutture
situate al suo interno e di respingere o rendere immediatamente nulli
tutti gli atti legislativi e giudiziari a ciò riguardanti, in
accordo con il paragrafo 151 di questo Parere. Israele è
obbligato a compensare di tutti i danni causati dalla costruzione del
Muro nei territori palestinesi occupati, sia dentro che intorno a
Gerusalemme. Tutti gli Stati sono obbligati a non riconoscere
l’illegale situazione risultante dalla costruzione del muro e a
non dare aiuto o assistenza nel mantenere la situazione creatasi con
tale costruzione; tutti gli Stati firmatari della IV Convenzione di
Ginevra relativa alla Protezione dei Civili in tempo di Guerra del 12
Agosto del 1949 hanno inoltre l’obbligo, nel rispettare la
Carta delle Nazioni Unite e la legge internazionale, di assicurare
che Israele si conformi alla legge umanitaria internazionale espressa
da questa Convenzione” (Corte internazionale di Giustizia).


Questo
avveniva il 10 luglio 2004…


Il
progetto del muro dal perimetro variabile di giorno in giorno rende
il possibile futuro Stato di Palestina un territorio ad
“intermittenza”, senza continuità territoriale. La
costruzione del muro dell’apartheid” (definito “barriera
difensiva” da Israele) ha già confiscato tanti ettari di
terra alle città palestinesi.


Il
muro, si prospetta attualmente, sarà lungo circa 750 km contro
i 350 km della Green line,

il confine internazionalmente riconosciuto che esisteva tra
Israele e la Cisgiordania prima della guerra del 1967,
penetrando nella Cisgiordania in alcuni punti fino a 6 km.
Le
ruspe iniziano la loro opera di costruzione nel giugno del 2002
intorno alla città di Zububa, estremo nord della Cisgiordania.
Nel luglio 2003 il settore nord è già completato. La
parte settentrionale del tracciato è lunga 145 km: 132 km
costituiti da un recinto elettronico mentre i restanti 13 km sono in
cemento armato. Il muro è alto 8 metri, è circondato da
fossati (larghi dai 60 ai 100 metri) e da reti di filo spinato, ed ha
torri di controllo ogni 300 metri. Lungo il tracciato sono state
costruite strade di aggiramento per soli coloni, 41 varchi agricoli e
sono stati eretti 9 check-point per pedoni e veicoli. Per la
realizzazione di questo tratto settentrionale è stato annesso
l'1,6% della Cisgiordania, territorio nel quale si contano 11
colonie, dove vivono 19.880 ebrei e circa 10 mila palestinesi. Alla
fine dei lavori circa 200 mila palestinesi di Gerusalemme est si
troveranno separati dai connazionali in Cisgiordania. Il muro non
risparmierà neanche la città di Betlemme: perché
dovrebbe, d’altronde? Il tracciato, anche se non è
ancora ufficializzato, dovrebbe assicurare a Israele l'annessione
della Tomba di Rachele, luogo santo anche per i mussulmani. Stessa
sorte toccherebbe alla città di Hebron dove i Luoghi Santi
della città sembrano essere destinati a collocarsi sul
versante occidentale del muro.


Un
movimento che si oppone alla costruzione di questa barriera è
nato immediatamente e, contrariamente a quello che si potrebbe
pensare, è composto non solo da palestinesi, ma anche da
israeliani, entrambi contrari a farsi rinchiudere in una “prigione
a cielo aperto”. Le associazioni che si oppongono al muro,
circa 21, si sono unite in un network chiamato
Pengon.
Hanno lanciato una campagna internazionale, chiamata
Stop
the wall
,
che ha organizzato, tra le molte iniziative, una grande
manifestazione contro la barriera il 9 novembre 2003. La data non è
stata scelta a caso: il 9 novembre 1989 cadeva il muro di Berlino.


Secondo
il
rapporto OCHA del Dicembre 2003
i
chek point presenti erano 734!


Budrus
è uno dei sette villaggi nell'area di Ramallah più
vicini alla linea verde, il confine pre-1967 riconosciuto dalla
comunità internazionale. Tel Aviv si vede ad occhio nudo. Il
muro passerà tra il villaggio e la Green Line, confiscando il
90% delle terre ed annettendole ad Israele.


I
vicini villaggi di Nihilin, Qibbya e Medea subiranno le stesse
perdite. In altre realtà palestinesi gli effetti saranno ancor
più devastanti: a Qalqilya l'intera area popolata da 72mila
palestinesi è già circondata dal muro e l'unica via di
uscita/entrata è una porta larga 8 metri controllata dai
militari.


Alcune
associazioni pacifiste israeliane hanno parlato di ghetto e di
prigione a cielo aperto. Il progetto complessivo del muro porterà
alla confisca del 50 percento del territorio palestinese.


Nablus,
come la maggior parte delle città della Cisgiordania, è
rimasta sotto un pesante assedio durante gli ultimi quattro anni. Di
tanto in tanto viene concesso di uscire a chi è di Nablus e ha
più di 35 anni e, occasionalmente, è permesso entrare e
uscire agli studenti una volta alla settimana. In altri casi, se sei
di Nablus, non puoi né entrare né uscire.


Israele
sta sostenendo un sistema di morale doppia. Alcun diritto per i
palestinesi e allo stesso tempo la democrazia per gli ebrei. Non può
essere sostenibile a lungo.









Per
approfondire:








John
Spritzler,
Should
People Opposed to Bigotry and Anti-Semitism Support Israel?

6 febbraio, 2005
http://newdemocracyworld.org/War/Should-People.htm





Yitzhak
Laor,
Israel 
Makes it Harder for Non-Jews to Become Citizens: Racism by Any Other
Name
,
7 aprile 2005, 
http://counterpunch.org/laor04072005.html,





Kathleen
& Bill Christison,
Finally
it Broke my Heart: Random Impressions from Palestine
,
24 settembre 2004,


http://www.counterpunch.org/christison09242004.html





Jonathan
Cook,
Apartheid
Targets Palestinian Home-owners inside Israel
,
The Electronic Intifada, 10 marzo 2005,


http://electronicintifada.net/v2/article3674.shtml





Toward
a Single State Solution: Zionism, Anti-Semitism and the People of
Palestine
,
Counterpunch, 17 giugno 2004,


http://www.counterpunch.org/ignatiev06172004.html





Hassan
A. El Najjar,
Zionism:
The Highest Stage of Imperialism
,
15 maggio 2002.
http://www.aljazeerah.info/Editorials/[...]Najjar.htm





www.peacelink.it



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