Rafforzamento
dei confini. La mattanza dell’immigrazione.
I flussi migratori nel mondo globalizzato
Rafforzamento
dei confini. La mattanza dell’immigrazione.
Fino
a quando ci sarà un controllo dei confini dovrà per
forza essere designato uno “straniero”.
Da
millenni le migrazioni hanno sempre rappresentato un fenomeno
naturale, lo spostamento di grandi masse di popolazioni da una parte
del globo ad un’altra per esigenze di vita migliori e voglia di
scoperta.
Definire
un fenomeno naturale come emergenza, dai connotati catastrofici, non
solo evidenzia una retorica sconcertante, ma offre la possibilità
di applicare impunemente e legittimare politiche di emarginazione e
sfruttamento, dirette responsabili della creazione di forme di
clandestinità. La conseguenza è il radicamento di
atteggiamenti xenofobi e di matrice razziale, la proliferazione di
atti razzisti e una grave deficienza nella capacità di leggere
in maniera realistica gli eventi che nel mondo si muovono. E’
quello che oggi succede in gran parte del continente Europa, dove gli
Stati non sono in grado di offrire un concetto di cittadinanza che si
mostri adeguato alle trasformazioni in atto.
Una
prima evidente forma di contrasto all’immigrazione da parte
delle politiche europee si sostanzia nel blindare le frontiere, che
non solo si militarizzano, ma si estendono sempre di più
stravolgendo il concetto stesso di frontiera da loro tanto
salvaguardato.
I
confini che si ergono a difesa del continente Europa raggiungono
altezze impressionanti, irragionevoli e antidemocratiche, contro
tutte quelle persone che sono costrette o semplicemente scelgono di
lasciare il loro paese per motivi politici o sociali o economici,
un’enorme massa di umanità che cerca di sfuggire ai
conflitti e alla miseria per sperare e costruire una vita migliore.
Giunte alle frontiere europee, ciò che ottengono non è
accoglienza ed integrazione, né il tempo di progetti e
speranze, ma la sospensione dei loro diritti, divenendo di fatto
delle “non persone”. Dopo viaggi che durano mesi, nel
tentativo di aggirare frontiere, muri, recinti, dopo mesi di viaggi
via terra, via mare, con migliaia di vittime lungo il cammino
(pensiamo alle traversate del deserto o i morti messi a tacere nel
mare), chi arriva deve ancora pagare con detenzioni e con
deportazioni di massa.
Una
delle rotte seguite dagli immigrati provenienti dall'Africa è
quella che passa per il Marocco, da dove poi ci si imbarca per
raggiungere le coste europee dell'Andalusia, oppure la rotta del
sud-sud, le cui rive d’approdo sono quelle di Lampedusa, o
direzione Ceuta e Melilla, dove si concretizza una vera e propria
brutale guerra agli immigrati. Tra le due città marocchine e
il territorio spagnolo si sono messi a punto e sperimentati tutti gli
strumenti e le tecniche di oppressione e aggressione verso chi prova
a sconfinare in Europa attraverso la Spagna. Un’invalicabile
recinzione costeggia tutta la frontiera, la "valla
tridimensional", un perverso sistema di reti e fossati. Qui i
detentori dell’ordine, marocchini e spagnoli, sparano a chi è
ancora arrampicato alle reti, consumando una cruenta mattanza sul
filo spinato. Per chi sposta la rotta sulle Canarie l’Europa
è pronta a metter in campo un intero arsenale: esercito, navi,
elicotteri atti al pattugliamenti delle acque e dei cieli attorno ai
Paesi africani da cui salpano le imbarcazioni degli immigrati, e al
respingimento delle imbarcazioni in acque internazionali. Si
pianificano i rimpatri di massa, si accelerano le operazioni di
identificazione e si allestiscono in fretta e furia nuovi campi di
detenzione. E’ il programma FRONTEX, ultimo stratagemma
congeniato dalle politiche europee per individuare precocemente gli
immigrati sulla rotta di viaggio, prevenendo il rischio che si
avvicinino alle frontiere. Un respingimento oltre la frontiera, che
impedisce a chi scappa dai propri paesi di tentare una via salvezza.
FRONTEX, agenzia degli Stati europei per la sicurezza delle
frontiere, ha sede a Varsavia, Italia e Spagna. L’Italia con
Grecia, Malta e Germania pattuglia con
navi
da guerra il Mediterraneo, mentre la Spagna sigla accordi con il
Senegal per il controllo delle coste della Mauritania.
Lo
stato d’eccezione
Per
chi riesce a superare il viaggio nel deserto, la traversata del
Mediterraneo su barche fatiscenti o dentro i container dei tir
mantenendo salva la pelle, l’odissea non è finita. Ad
attenderli in terra d’Europa è uno stato di polizia (ed
insufficienti strutture di accoglienza) basato su leggi repressive,
che si concretizzano in pratiche di respingimento e di detenzione. In
Italia si chiama legge Turco-Napolitano, che nel 1998 crea una nuova
struttura istituzionale atta ad imprigionare gli immigrati privi di
permesso di soggiorno: sono i CPT (Centri di Permanenza Temporanea)
“fogna della coscienza di un paese ammesso tra i civili”
Tali
strutture assumono la forma giuridica di “campi” dando
luogo ad uno stato d’eccezione in cui tutti i diritti
normalmente in vigore vengono sospesi, il migrante viene spogliato
della sua personalità giuridica e di conseguenza di quella
politica e sociale: viene introdotta in Italia la detenzione
amministrativa che cancella la libertà personale ad individui
che non hanno commesso alcun reato. Nel 2001, durante il governo
Berlusconi, la Turco-Napolitano viene sostituita dalla legge 189,
nota come Bossi-Fini, che inasprisce le pratiche di esclusione
restringendo ulteriormente i già esigui canali d’ingresso
regolari e di conseguenza aumentando a dismisura il numero delle
persone che si trovano a muoversi nella “clandestinità”.
Escluse dall’ufficialità della cittadinanza queste
persone diventano invisibili, non esistenti, costrette di fatto dalla
legge ad inserirsi negli ingranaggi dell’inesorabile meccanismo
del lavoro in nero.Legando la regolarità dei migranti al
permesso di soggiorno si è assicurato un movente plausibile
per attuare impunemente forme di contrasto e pratiche di sfruttamento
dell'immigrazione. Approccio chiaramente punitivo e imposizione alla
subalternità! In un cpt ci si arriva perché si ha
negato il diritto di fuga e di movimento, ci si resta usufruendo di
zero diritti ci si esce con un foglio di via o accompagnato
direttamente alla frontiera, o peggio ancora deportato direttamente
nel territorio libico, in base agli accordi di rimpatrio che l’Italia
ha stipulato con un paese non firmatario della Convezione di Ginevra.
Oggi
in Italia sono presenti 16 Cpt, lager di stato in cui è
vietato l’accesso agli organi d’informazione, in cui è
complicatissimo per un migrante poter nominare e comunicare con un
legale, in cui spesso agli immigrati non si forniscono informazioni
necessarie per presentare richiesta di asilo politico,
in cui le ong che li gestiscono non solo si rendono complici dei
crimini in essi commessi, ma speculano ogni giorno sulla testa di
ogni migrante guadagnando tantissimi euro,
e, soprattutto, un luogo da cui un migrante, “colpevole”
solo di essere ciò che è, viene usurpato della propria
libertà.
Mobilitazioni
permanenti
I
movimenti che in questi anni in Italia si sono opposti all’esistenza
dei Cpt, in un paese che ha la pretesa di definirsi democratico, sono
riusciti, attraverso mobilitazioni permanenti, a fare emergere agli
occhi dell’opinione pubblica il meccanismo perverso e
sotterraneo delle politiche di esclusione che “regolano”
i fenomeni migratori, denunciando sia l’irrazionalità
delle leggi, sia le irregolarità perpetrate nella loro
applicazione (presenza di minori, richiedenti asilo, somministrazione
arbitraria di psicofarmaci, percosse, violazione della dignità
delle persone…). Numerose sono state le manifestazioni per la
chiusura dei CPT, i sabotaggi alle strutture, i campeggi
antirazzisti, le azioni di monitoraggio che hanno contribuito a
tenere alta l’attenzione su di essi facendone emergere la reale
natura. Tra le azioni di denuncia, ricordiamo il ponte aereo delle
deportazioni di massa Lampedusa-Libia dell’ottobre 2004, come
esempio paradigmatico della violazione dei diritti degli immigrati da
parte del governo italiano. Il governo italiano in quell’occasione
si è macchiato di crimini gravissimi e condannato a morte
certa centinaia di migranti provenienti da diversi paesi africani,
che, senza neppure essere stati identificati, sono stati espulsi in
Libia, negando loro di fatto la possibilità di fare richiesta
d’asilo.
Le
video registrazioni degli attivisti della rete antirazzista
siciliana
in quell'occasione hanno permesso di fornire materiale sufficiente
per denunciare e far condannare il governo italiano dal parlamento
europeo per le gravi violazioni ai diritti umani.
Gli
ultimi sviluppi politici non promettono niente di buono. Le proposte
di modifica della legge 189 in materia di Cpt si concretizzano in
pratiche di “umanizzazione” di queste strutture (più
belle, più pulite) senza però mettere in discussione
l’istituto della detenzione amministrativa e senza riconoscere
la figura giuridica del migrante, non discostandosi, di fatto, dalla
leggi precedenti. Noi pensiamo che non sia possibile umanizzare
istituzioni che portano iscritta nel loro DNA la disumanizzazione
degli esseri umani che ne diventano vittime.
Noi
diciamo e continueremo a dire che i cpt non vanno riformati, vanno
chiusi!
Per
approfondire:
www.inventati.org/zetalab
www.meltingpot.org
www.asgi.it
www.stranieriinitalia.it
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