``Cerco posto su una cassetta, cercando l'ombra di Júlio che ha
costruito momento dopo momento la loro resistenza e l'ha riassunta in una provocazione semantica: sofridores de rua, i sofferenti della strada. I loro corpi parlano della strada, il riflesso istantaneo del loro presente immediato, vissuto senza ansia né fretta. A differenza dei bambini di strada, i sofridores da rua vivono senza fuggire e passano la vita a pensare solo al momento che toccano e vedono passare davanti a loro. Cercano di proteggersi acquattandosi negli angoli bui e trovando coperte per la notte, cibo quando hanno fame, alcool quando hanno freddo. Vivono con la lentezza di chi non spera nel cambiamento né cerca la morte, ma la aspetta in ogni momento'' Bambini di strada ``Cerco posto su una cassetta, cercando l'ombra di Júlio che ha costruito momento dopo momento la loro resistenza e l'ha riassunta in una provocazione semantica: sofridores de rua, i sofferenti della strada. I loro corpi parlano della strada, il riflesso istantaneo del loro presente immediato, vissuto senza ansia né fretta. A differenza dei bambini di strada, i sofridores da rua vivono senza fuggire e passano la vita a pensare solo al momento che toccano e vedono passare davanti a loro. Cercano di proteggersi acquattandosi negli angoli bui e trovando coperte per la notte, cibo quando hanno fame, alcool quando hanno freddo. Vivono con la lentezza di chi non spera nel cambiamento né cerca la morte, ma la aspetta in ogni momento'' Sulle strade delle grandi metropoli si concretizza e si consuma ogni giorno una lotta per la sopravvivenza che vede come protagonisti milioni di piccoli individui, piccoli abitanti della strada che possono, quasi sempre, contare solo su se stessi. Sono i meninos de rua, i bambini di strada. Senza alcuna possibilità di accesso all'istruzione, né ad un ambiente protetto, ogni giorno accrescono la loro esperienza dei borghi delle grandi città, sfidando tutti i pericoli della strada con occhi da bambini. Socialmente isolati e soggetti ad ogni genere di sfruttamento fanno spesso qualsiasi tipo di lavoro pur di riuscire a sopravvivere. Le grandi megalopoli di San Paolo, Lima, Bogotà e Città del Messico accolgono le maggiori concentrazioni di meninos de rua dell'America Latina, dai sette agli otto milioni. Negli ultimi 30 anni l'indice di urbanizzazione in America Latina è passato dal 49% al 72% dando luogo ad un repentino ed impressionante processo di allargamento delle metropoli. Le aree urbane sono state investite da milioni di contadini che si sono spostati dalle zone rurali per far fronte alla loro sopravvivenza messa in pericolo da un'inefficiente politica che da decenni non compie riforme agrarie adeguate per la redistribuzione delle terre, dalla crescente presenza delle multinazionali e dalle guerre civili scaturite dalle profonde ingiustizie sociali. Ciò ha dato luogo ad una crescita selvaggia delle periferie che versano sempre più in uno stato di povertà incredibile, rendendo sempre più visibile, senza intermediari, le contraddizioni del "neoliberismo". In America Latina più della metà della popolazione è poverissima, l'inesistente distribuzione di ricchezze raggiunge il massimo della visibilità e della irragionevolezza. I nuovi abitanti dell'area urbana pur di sopravvivere sono divenuti mano d'opera a basso costo per l'industria latinoamericana che fornisce principalmente i mercati statunitense ed europeo. Le favelas, gli asentamientos e le baraccopoli sono la loro architettura, messa in piedi con materiale di fortuna. Le città di cartone inventano un nuovo spazio urbano che cessa di essere periferia per trasformarsi in ``zona di confine''. Disoccupazione, emarginazione, sfruttamento, assenza degli elementari servizi. Il non-vivere in queste condizioni spinge spesso le relazioni sociali a sfociare in dinamiche di violenza, la precarietà della condizione di vita lascia purtroppo poco spazio a scelte serene. La possibilità di giocare il ruolo di bambini salvaguardati e sostenuti dalla propria famiglia cessa di essere plausibile, figli e genitori rivestono gli stessi compiti per la garanzia di un reddito che permetta la sopravvivenza. I bambini sono costretti a lavorare, producono reddito e profitto, divenendo parte integrante del sistema di produzione. La loro attività economica si traduce in prodotto nazionale lordo, in tasso di crescita, togliendo la possibilità di una formazione diversa e quindi, di fatto, ostacolando un possibile sviluppo del paese. Un paese senza sviluppo e senza alcuna progettualità. In India la situazione si presenta altrettanto tragica. Milioni di bambini sono spesso messi in affitto dai loro stessi genitori a imprese industriali che li costringono a lavorare fino allo stremo delle forze. Difficile calcolare quante ore di lavoro può sostenere un bambino, se poi lo si considera come un sistema senza alcuna tutela, un sistema di produzione lo si può far lavorare anche fino a 14 ore al giorno. E poi ci sono quelli che nascono sui marciapiedi delle grandi città e lì sono costretti a vivere senza alcuna possibilità di intraprendere percorsi più umani. Sono i marciapiedi di Calcutta, New Delhi, Mumbai, Madras. Mumbai: 12 milioni di abitanti, 5 milioni dei quali vivono negli slum, sono gli slum più grandi dell'Asia. Ogni giorno dalla campagna si trasferiscono in questa città da 80 a 100 famiglie, persone che sono state costrette a vendere tutto e a ``conquistare'' le megalopoli. Il destino dei loro figli è quello di mendicare per la strada. ``La maggior parte di questi bambini poi finiscono per perdersi nella grande città. Si mettono a chiedere la carità'' spiega Mansour Umar attivista dell'organizzazione che si occupa dei bambini di strada ``Coordination committee for vulnerable children'', ``per aiutare la loro famiglia. Ma quello che riescono a racimolare non basta mai. Allora decidono di mettersi per conto loro.'' Da alcuni anni, anche l'Europa occidentale vede aumentare in maniera preoccupante il numero dei bambini che vivono per strada. Paesi come la Gran Bretagna, l'Italia, che nonostante si facciano garanti della difesa dei diritti dell'infanzia, non prevedono dei servizi di assistenza adeguati alle famiglie povere, senza lavoro e senza reddito, che sono costrette a mettere in campo tutte le ``risorse'' del nucleo familiare per potersi sostenere. E' così che i bambini diventano venditore di rose o di qualsivoglia prodotto rinunciando alla possibilità di vivere un'infanzia fatta di libri, di scuola, di tempo per giocare. I bambini sono in gran parte quelli usciti dalle comunità di immigrati, o figli di immigrati ``non regolari'' la cui forza lavoro viene quotidianamente sfruttata per sostenere i meccanismi dell'impero. Impossibile stabilire quanti siano, l'ipocrisia del sistema non permette di fare stime certe. In Europa, è risaputo, ci sono leggi che considerano reato il lavoro minorile, che quindi è destinato a svolgersi nella clandestinità. Secondo il rapporto globale "A future without child labour" (2002) dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) sono 246 milioni i ragazzi dai 5 ai 17 anni (uno su sei) costretti al lavoro. La strada come spazio totale A volte, per quanto la strada sia pericolosa e piena di rischi, può rappresentare una via di salvezza, paradossalmente, per molti bambini. Prima di tutto la strada del centro delle città è più sicura e meno violenta dei quartieri poveri da cui provengono i bambini: sono difatti le strade centrali e più affollate, quando non vengono brutalmente sgomberate dai meninos de rua, a raccogliere la maggiore concentrazione. La strada è quindi una scelta di sopravvivenza, un luogo che in qualche modo offre un'alternativa alla povertà della propria casa. La strada diventa il loro spazio vitale: occupano uno spazio fisico pubblico, sono visibili, condividono la quotidianità con la città. ``L'istinto'' della strada domina su tutto, diventa l'arma adatta per dominare, o comunque per averne l'impressione, lo strumento per navigare gli immensi spazi urbani, un codice di vita, un'attitudine, il gesto automatico e consono che diviene struttura, pensiero, un modo di essere nel mondo, la loro formazione. La vita ruota intorno ai gesti che la strada richiede, il mondo, l'intero mondo è la metropoli. La loro determinazione ad occupare lo spazio pubblico è una sfida continua all'immagine sociale, è una contraddizione lacerante che non può essere nascosta. L'assenza pressoché totale delle istituzioni pubbliche demanda alla società civile il compito di creare un ponte tra i bambini di strada e la società. Molti gruppi e associazioni in tutto il mondo operano spesso con scarsità di mezzi. Qualcosa si muove Da alcuni anni in America latina e soprattutto in Asia organizzazioni non governative locali hanno pazientemente tessuto una rete di resistenza allo sfruttamento dei bambini. Da qui le più recenti operazioni di commando segnatamente in India condotte da un pugno di attivisti ben determinati che tentano di liberare i piccoli schiavi nelle officine, nelle fabbriche o nelle case chiuse. |