La Commissione Centrale A Palermo: A Rischio I Diritti Fondamentali Dei Migranti.
Con una ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2002, nell'ambito di ``interventi straordinari ed urgenti per fronteggiare l'eccezionale afflusso di stranieri extracomunitari giunti irregolarmente sul territorio nazionale'' si stabiliva che `` al fine di accelerare le procedure connesse alla valutazione delle istanze di asilo...la Commissione centrale ...può effettuare le audizioni in ambito locale''. L'ordinanza modificava anche la composizione ordinaria della Commissione stabilendo che in sede decentrata `` la Commissione può operare, per il periodo di emergenza con la maggioranza dei componenti''. In ogni caso la Commissione doveva operare con la presenza di un rappresentante dell'ACNUR ( Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati) il quale però dispone soltanto di un voto consultivo. Ma la commissione esamina contemporaneamente più richiedenti asilo e dunque la presenza del componente ACNUR non è garantita durante le singole audizioni ma solo al momento della decisione finale. Negli ultimi anni la Commissione decentrata ha esaminato migliaia di richieste di asilo, operando in diverse regioni italiane e adesso in Sicilia. Con la eccezione di Caserta, dove una forte mobilitazione locale ha imposto un esame approfondito delle richieste di asilo, le decisioni sono state quasi sempre di rigetto, ed anche il riconoscimento della protezione umanitaria ( status temporaneo e del tutto precario) è stato particolarmente limitato. In genere le audizioni sono durate pochi minuti e tutte le decisioni di rigetto sono state motivate con formule standard che denotano una scarsa attenzione alla situazione personale dei migranti nei paesi dai quali sono fuggiti. Le domande di carattere individuale rivolte a persone prive di informazioni obiettive sulla procedura sono spesso servite a precostituire gli elementi di rigetto delle istanze. L'Italia, unico paese europeo a non avere una legge organica sul diritto di asilo, ha dimostrato in questo modo di non riconoscere il diritto di asilo o di protezione umanitaria ed è rimasto inapplicato l'art. 10 comma terzo della Costituzione italiana che afferma il diritto di asilo per tutti coloro i quali giungano da paesi nei quali non siano garantite le ``libertà democratiche'' riconosciute in Italia. Spesso si è negato persino l'accesso alla procedura di asilo, ritenendosi la natura strumentale delle relative istanze. E' stato così violato, in numerose occasioni, l'art.19 del d.lgs. 286/1998 a norma del quale `` in nessun caso può disporsi l'espulsione verso uno stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali''. Da ultimo le espulsioni di massa, camuffate da ``respingimenti collettivi'', eseguite senza uno straccio di provvedimento formale, da Lampedusa verso la Libia, nell'ottobre dello scorso anno, sono state oggetto di interrogazioni parlamentari e di una denuncia davanti alla Commissione europea, sottoscritta da parte di numerose associazioni. Una volta negato il diritto di asilo, l'espulsione può essere eseguita immediatamente con accompagnamento forzato in frontiera: infatti le possibilità di ricorso degli interessati sono praticamente nulle e solo una forte mobilitazione delle organizzazioni umanitarie indipendenti può determinare una minima tutela dei richiedenti asilo e la condanna dello Stato italiano quando non vengano rispettate le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.Quando non si è riusciti ad espellere i migranti prima che potessero proporre istanza di asilo, quando è stato possibile presentare i ricorsi conto i dinieghi, la giurisprudenza ha sanzionato numerose violazioni di legge poste in essere dagli organi amministrativi preposte al trattenimento dei richiedenti asilo. Molto spesso infatti i potenziali richiedenti asilo sono stati trattati come semplici clandestini e rinchiusi nei centri di detenzione amministrativa ( i cosiddetti centri di permanenza, quelli che la stampa chiama ancora centri di accoglienza...). Numerosi giudici hanno sanzionato queste gravi violazioni poste in essere dalle autorità italiane che avevano negato il diritto di asilo. Importanti sentenze hanno affermato ad esempio che `` la difficile situazione della Nigeria in questo momento storico costituisce fatto notorio'' ( così il Tribunale di Palermo nel 2002) ribadendo che la ``natura dichiarativa'' della pronuncia di accertamento dello status di rifugiato impone alla P.A. di esercitare un potere meramente ricognitivo e non costitutivo di diritti ( così il Tribunale di Firenze e il Tribunale di Catania nel 2003, e da ultimo il Tribunale di Milano il 9 marzo del 2004 nel caso di un cittadino sudanese fuggito dal sud di quel paese). Nello stesso senso la giurisprudenza della Corte di Cassazione a partire dalla nota sentenza del 17 dicembre 1999. Eppure, malgrado queste decisioni della magistratura, l'esame delle richieste di asilo da parte della Commissione centrale è rimasto mirato più al risultato di emettere decisioni di diniego, anche attraverso domande ``mirate'' rivolte ai migranti durante l'audizione( sei in Italia per lavorare? Quindi in caso di una normale risposta positiva, ....non hai titolo all'asilo perché sei un migrante economico), piuttosto che a salvaguardare i diritti fondamentali della persona umana. Si è giunti persino a domandare che lavoro facessero a persone che, per espressa disposizione di legge, nella fase di attesa della decisione, non potevano stipulare un contratto di lavoro Si è attribuito rilievo alle contraddizioni tra le dichiarazioni rese subito dopo lo sbarco ( quando ancora si era sotto la pressione degli scafisti) e la successiva audizione davanti alla commissione, senza curarsi di verificare le informazioni effettivamente fornite ai richiedenti asilo, spesso trattenuti in centri di detenzione in totale promiscuità con chi li aveva trafficati. Sono stati considerati rilevanti i percorsi seguiti per giungere in Italia, il luogo di residenza e persino le colorazioni politiche delle organizzazioni che in Italia hanno prestato assistenza, nella totale latitanza delle istituzioni statali. Ha assunto rilievo anche la partecipazione a manifestazioni politiche, quasi come se la stessa protesta contro la condizione di semi-clandestinità imposta dalle leggi ai richiedenti asilo potesse costituire una ragione per il rigetto delle loro istanze. Poche domande sui pericoli che avevano indotto la persona a lasciare il proprio paese o sui rischi che un rimpatrio potrebbe comportare.Nel caso di donne provenienti da paesi come la Nigeria, spesso vittime di tratta, si è negata ogni possibilità di accesso non solo al diritto di asilo, ma anche alle misure di protezione sociale previste dall'art. 18 della legge del 1998. Da parte del governo si sono poi trasferite le risorse previste per questi casi ad altri impieghi, e si è rimesso il destino delle donne , così condannate ad una espulsione certa, nelle mani delle stesse organizzazioni che le avevano già trafficate. Tutto a vantaggio delle mafie internazionali. Malgrado i casi di Safya e di Amina, che ancora rischia la morte per lapidazione, l'Italia ha negato il diritto di asilo a centinaia di donne nigeriane che in caso di espulsione rischiano di essere sottoposte a trattamenti disumani o degradanti, vietati anche dall'art.3 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo, che fa comunque parte del nostro ordinamento e che per costante giurisprudenza della Corte di Strasburgo risulta direttamente vincolante anche per le autorità italiane. Tutto questo dovrebbe essere ben noto alla Commissione che decide sulle istanze di asilo. Non si possono emettere decisioni di diniego che consentano espulsioni che potrebbero, ove attuate, pregiudicare gravemente diritti soggettivi della persona umana, non certo semplici interessi legittimi. Il contrasto della tratta, del traffico di clandestini e della prostituzione non passa certo attraverso la espulsione delle vittime. Queste espulsioni, come le politiche di blocco della ``fortezza Europa'' producono il solo effetto di rinforzare le catene criminali internazionali. La Commissione che in questi giorni sta decidendo a Palermo sul destino di trecento migranti sarà capace di ricordare i principi fondamentali affermati dalla giurisprudenza in materia di asilo e protezione umanitaria, ma ancora negati dalle autorità amministrative? O prevarrà invece l'interesse dello Stato ad espellere, contro il diritto fondamentale della persona umana all'asilo, alla protezione sociale, alla vita?Le persone esaminate dalla Commissione giunta a Palermo hanno atteso per oltre un anno e mezzo di essere ascoltate, e sono state abbandonate in questo tempo in una condizione di marginalità e di esclusione che ora potrebbe essere definitivamente sancita dalla decisione di diniego. Le decisioni della Commissione potrebbero aggravare una situazione di emergenza che non è prodotta certo dai richiedenti asilo, ma di cui proprio questi sono le prime vittime. E quanti, una volta respinta la loro istanza, potranno presentare un ricorso in via d'urgenza, un ricorso sempre più costoso, in assenza di mezzi e con la prospettiva certa di un accompagnamento forzato in frontiera ? L'emergenza che il governo denunciava nel 2002 per giustificare un provvedimento eccezionale, che ancora è operativo ( anche a causa del ritardo nella adozione dei regolamenti di attuazione della legge Bossi Fini in materia di asilo) non è mai finita, anche se il numero degli immigrati irregolari giunti in Italia è rimasto stabile ed anzi diminuisce il numero delle richieste di asilo.Ma l'emergenza vera è un emergenza democratica, riguarda tutti noi, ed è prodotta dalle scelte del governo sulle politiche migratorie e sull'asilo. Continuando ad agitare lo spauracchio della criminalità e del terrorismo per delegittimare i richiedenti asilo si rischia di produrre esclusione e clandestinità che possono costituire ragioni gravi e generalizzate di pericolo sociale. Il proibizionismo , la chiusura di tutte le possibilità di ingresso legale, o di successiva legalizzazione, persino nei confronti di richiedenti asilo o protezione umanitaria, alimenta il racket internazionale. Anche la politica dei flussi si è rivelata fallimentare e discriminatoria, rendendo una lotteria le possibilità di ingresso legale e privilegiando (sulla carta) quei paesi che condividono con l'Italia le prassi di respingimento collettivo e di rimpatrio forzato in violazione della Convenzione di Ginevra e della convenzione europea a salvaguardia dei diritti dell'uomo. Questa stessa politica ha alimentato lavoro nero e sfruttamento.La mancanza di una politica che renda i flussi di ingresso realmente accessibili ed ampi, l'assenza di strumenti normativi che consentano un incontro diretto -all'interno del territorio nazionale - tra domanda ed offerta di lavoro, hanno reso di fatto impossibile l¹ingresso legale in Italia ai cittadini stranieri che vengono in tal modo consegnati nelle mani dei trafficanti internazionali, unici a ``garantire'' una possibile via di arrivo in Italia. E poi a tanti magari non rimane altra chance che una richiesta di asilo. Anche a questi va garantita una occasione di legalizzazione della loro presenza in Italia. I cosiddetti ``viaggi della speranza'' e la stessa condizione di clandestinità rappresentano nella maggioranza dei casi una condizione non scelta ma imposta allo straniero.Ogni politica che pretenda di combattere il trafficking e la clandestinità senza operare un ribaltamento della situazione attuale di chiusura totale dei canali di ingresso regolare e senza riconoscere il diritto di asilo e di protezione umanitaria costituisce una manifestazione demagogica che alimenta istinti egoistici e discriminatori. La vasta campagna di criminalizzazione, da tempo in atto nel Paese, contro i cittadini stranieri e contro chiunque ne difenda i diritti e la dignità, aggrava infine ulteriormente tale situazione e impedisce qualsiasi confronto che permetta di modificare l'attuale situazione, a partire dalle decisioni della Commissione competente per le domande di asilo, nella direzione di un maggiore rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, sanciti dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali cui l¹Italia aderisce. Nei prossimi mesi la costituzione a Trapani di una commissione decentrata competente a decidere con una procedura abbreviata sulle richieste di asilo, e la correlata istituzione di nuovi centri di detenzione per richiedenti asilo ( camuffati come centri di identificazione), non potrà che accentuare la militarizzazione dell'isola contro tutti i migranti, compresi i potenziali richiedenti asilo. Coloro ai quali non sarà riconosciuto il diritto di asilo potranno essere espulsi immediatamente senza possibilità di presentare alcun ricorso con effetto sospensivo. Non appena riprenderanno gli sbarchi di massa con il miglioramento delle condizioni meteorologiche assisteremo ad altre espulsioni collettive. Occorre ricordare che il nuovo regolamento sulla procedura di asilo -che entrerà in vigore tra qualche mese- non prevede né l'assistenza legale durante le audizioni in commissione, né un effetto sospensivo ( a meno di un improbabile intervento del Prefetto) al ricorso contro le decisioni che negano il diritto di asilo o di protezione umanitaria. Insomma, basterà un giudizio sommario sulla ``strumentalità'' della domanda di asilo e la persona che ha richiesto asilo, ma che non è riuscito a provare questo suo diritto, potrà essere accompagnata in frontiera, anche nel paese di ultimo transito, rischiando poi di essere rimpatriata dove potrebbe subire trattamenti inumani e degradanti. Ci auguriamo che la Commissione centrale qui a Palermo non voglia anticipare nei fatti l'entrata in vigore del nuovo regolamento. L'esito delle precedenti visite a Caltanissetta ed a Agrigento ci preoccupano fortemente. Anche donne provenienti da paesi come Eritrea e Somalia hanno visto respingere le loro istanze. Invitiamo i componenti della Commissione a tenere conto dei report delle agenzie umanitarie come MISNA ( Agenzia di stampa dei Missionari), AMNESTY, HUMAN RIGHTS WATCH, già consultabili sui siti internet, per dare rilievo alla effettiva situazione dei richiedenti asilo nei paesi di provenienza. Tutti coloro che si informeranno in questo modo potranno giudicare direttamente i risultati del lavoro della Commissione centrale. Sulla base di questa documentazione inoppugnabile potranno essere predisposti i ricorsi contro le decisioni di diniego dello status. Sappiamo comunque che le pratiche di diniego generalizzato delle istanze di asilo, di espulsione e di detenzione arbitraria si potranno ripetere anche in futuro, malgrado le denunce documentate delle organizzazioni umanitarie e le ispezioni ancora troppo isolate di singoli rappresentanti parlamentari o di commissioni di agenzie internazionali. Sembra addirittura che in Parlamento, dove si sta discutendo della nuova legge sul diritto di asilo, si voglia cancellare un principio affermato dalla Costituzione, il principio della protezione umanitaria generalizzata, sancito dall'art. 10 comma terzo. Non vorremmo che la Commissione, già nel corso della sua attività di natura prettamente amministrativa, sovvertisse il principio di gerarchia delle fonti e di divisione dei poteri, cardini di un paese democratico, anticipando questo gravissimo strappo del dettato costituzionale. Invitiamo ancora una volta i parlamentari europei ed italiani, l'intera società civile, le comunità e gli enti locali, gli avvocati, gli studiosi di scienze sociali e di diritto internazionale ad essere presenti nei luoghi di sbarco e durante i lavori delle commissioni competenti a decidere sulle istanze di asilo, ed a vigilare sugli accordi di riammissione, per monitorare il rispetto dei diritti umani dei migranti, di tutti i migranti, da qualsiasi paese giungano. Fulvio Vassallo Paleologo ASGI ( Associazione studi giuridici sull'immigrazione) Palermo ICS ( Consorzio italiano di solidarietà) Palermo |